MotoGP, divorzio Rossi – Ducati: vedi alla voce share?

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Rossi-Ducati, separatevi. No, Rossi-Ducati non separatevi più. Anzi, vabbè: fatelo. MotoGP, ancora focus: stavolta, la tv non trasmette. Semmai posta su web. E, recita la televisione – che su web diventa informazione on line – è il periodo in cui le cose tutte le cose sono facili. Ci si cerchi e ci si perda, ci si pigli e ci si lasci. Sarà mica l’influsso del buon constume diffuso di questi tempi? Fosse così, bhè. Proviamo a fare i Bagnasco della situazione.

Qualcuno invoca il divorzio allo stesso modo in cui il genere femminile lo faceva – con ragione da sottoscrivere – quando ancora non era consentito divorziare. Battaglie e lotte convinte, motivazioni da vendere, sottomissioni pressochè scontate. Perchè in più di un contesto dell’Italia a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, il ruoo della donna era non solo marginale ma addirittura passava in ultimo piano. La conquista del 1974 ha rappresentato, di fatto, un passo ulteriore verso la civiltà dell’etica e della libertà. Ma come ogni strumento, ha efficacia solo se utilizzato in maniera opportuna.

Ora, suvvia, invocare a gran voce (campane e campanari lo stanno facendo in maniera certosina) la separazione tra Valentino Rossi e Ducati pare troppo: se non – diciamo così – per scarsa propensione alla fiducia (ci sono: i pessimisti sempre; ci sono, i voglio tutto e subito; ci sono, i farei qualsiasi cosa per non fare mai fatica), almeno per il fatto che il binomio made in Italy ci piace. Lo volevamo, lo abbiamo atteso: non può finire così. E’ anche questione di immagine, intesa nel senso e nell’accezione più elevata: dignità, storia professionale, carriera, tradizione. E dovere, perchè no, dovere morale nei confronti di milioni di persone messe lì apposta per attendere questo.

Che la Ducati e Valentino Rossi vincano insieme, che sfianchino l’asfalto di Jerez. Allora, se il gotha del giornalismo specialistico (o chi ne fa e ne ha fatto le veci) tenta di dire che forse è meglio vederli ciascuno per la sua strada; se in maniera neppure troppo velata si invitano i protagonisti a leccarsi le ferite, lasciar perdere e ricominciare altrove; se con motivazioni – perchè no – che hanno motivo di essere si ribadisce che l’una – la Ducati – è diventata il limite dell’altro – Valentino – e viceversa; ecco allora lasciate perdere.

“Di comune accordo – li senti ribadire – evitando di arrrivare a litigare. Separatevi convinti di aver dato ma non abbastanza”.

Sostenere la tesi? Abbiamo provato a farlo, niente. Ci viene difficile: percorso poco sostenibile. Potrebbe convenire più a Ducati che a Valentino, la separazione: perchè se la scuderia di Borgo Panigale potrebbe davvero tornare a investire sulla tradizione vincente e alontanare la rivoluzione in essere chiesta da Rossi, il Dottore avrebbe perso in ogni senso. Perchè vincere con la Ducati era obiettivo sposato dal tavulliano: e se Rossi, se un campione in generale sposa un obiettivio, allora Rossi – o quael campione in generale – hanno il dovere di portarlo a termine.

Mica per noi, mancherebbe altro. Semmai, per quella carriera gloriosa che diverrebbe indelebile sempre più. Fosse divorzio, Vale avrebbe fallito: lecito e possibile, per carità, ma fosse così non potrebbe riscattarsi neppure se (il prossimo anno, l’altro anno, e l’altro ancora) mettesse kin fila titoli a raffica. A Ducati converrebbe, si diceva: però verrebbe meno a un percorso innovativo che la rossa made in Italy deve in ogni caso fare. Attuarlo con Valentino, crediamo noi, conviene sempre. L’abitudine 2011 di stare in terra da parte del binomio Ducati-Rossi – o troppo lenti per competere o troppo poco a punto per partecipare – chi può negarla. Quest’anno è così.

Ma il fallimento lo si vive, lo si affronta, lo si supera. Lo fanno gli uomini di buona volontà, figuriamoci se non possano farlo due campioni del mondo. Ecco: allora, lasciatevi se non c’è più voglia, questo sì. Se non c’è fiducia, questo anche. Se il marketing comincia a dare segnali di rosso? Perchè no, potrebbe essere una motivazione. Ma non pensiate che lasciarsi debba essere l’unica via: l’oracolo, vero, ha sentenziato ma dimentica l’oracolo di dire che milioni di italiani la pensano in maniera diametralmente opposta. Milioni di italiani, anzichè vedervi separati vi vede insieme. Milioni di italiani, anzichè chiedere che la risolviate così vi domanda la cortesia di rimboccarvi le maniche e mettervi a lavorare di più. Di più e meglio.

E lo chiedono, quei milioni di italiani, perchè hanno a cuore le sorti della Ducati e di Valentino Rossi allo stesso modo in cui – punti di vista? punti di vista! – qualcun altro potrebbe avere a cuore dati auditel e curve di share. Allora sì, in quel caso capiremmo: che un Rossi vincente e una Ducati strepitosa le farebbero, quelle curve e quei dati, impennare. Bastava dirlo in questa maniera: bastava sostenere le sorti della rete giggiovane e avremmo capito.

Ma girarci intorno, prenderla alla larga, invocare il divorzio. Altrochè divorzio: in sella e sgasare, nei box a capo chino. Fateci vincere, Rossi e Ducati: fateci vincere che se iniziate a farlo, poi, ne beneficia anche la rete Giovane. In quel caso, sicuro, si parlerà di divorzio all’italiana. Con finale a tarallucci e vino. Magari in diretta tv mentre a quel banchetto chiederanno di partecipare un po’ tutti. Ma soprattutto loro, quelli del “vedi alla voce share“.

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